(Pubblicato su Repubblica nei giorni della protesta)


diario taxi

versione integrale:

Linate, il caldo si sente dal primo mattino, è un turbinio di facce di ogni genere e specie, quelle di chi sta  perdendo l’aereo si mischiano a quelle stanche dei taxisti. Mi accorgo che sto pensando ai clienti; non a quelli che ora non salgono sul mio taxi ma a quelli che ci sono già saliti in passato, prima che tutto questo iniziasse. Ricordo di un pomeriggio estivo in cui esplose un violento temporale, ero sola nel mio taxi. La pioggia era così forte che i tergicristalli non servivano a nulla, scendeva a litri lungo i finestrini. Ho visto una signora di mezza età, grassottella e impacciata, indossava un abito da casa, fresco e leggero che la pioggia le lasciava aderire al corpo, sembrava una statua di Botero. Ho accostato, acceso le 4 frecce e dallo spiraglio del finestrino abbassato le ho urlato di salire. Eravamo a pochi metri ma urlavamo come pazze, lei si ostinava a non voler salire. Mi sono allungata verso la portiera del cliente spalancandola e ho urlato “è gratis”. È stato come se precipitasse nel mio taxi dall’alto, un enorme masso caduto a peso morto, gocciolava da ogni lato inzuppandomi il sedile. Il mascara le colava sugli occhi facendola sembrare un panda confuso e inzuppato. Infine fu lei ad insistere per pagarmi la corsa, quasi dovetti farci a pugni, se ne andò lasciandomi una pozzanghera.

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