Rapinato da un falso cliente, un tassista finisce in ospedale con due coltellate alla testa. E l´ennesima aggressione riapre la questione sicurezza, con l´Associazione donne italiane tassiste che chiede all´assessore al Traffico Edoardo Croci maggiore tutela per le auto bianche. «Abbiamo presentato prima di Natale un documento con delle proposte concrete – spiega Raffaella Piccinni, presidente dell´Associazione – in modo che gli autisti si sentano più sicuri. E non soltanto le tassiste donne». L´ultimo episodio di cronaca segue il classico copione del falso passeggero. Il malvivente, un ragazzo di 25 anni, sale sull´auto di Antonio C., 44 anni, intorno alle 4.30 del mattino di ieri tra via Padova e via Cavezzali. Chiede di essere portato in via Bengasi, ma dopo qualche metro estrae un coltello e lo punta al collo dell´autista intimandogli di consegnare l´incasso della nottata. Antonio si difende cercando di disarmare il rapinatore, ma viene ferito due volte alla testa. Riesce a scappare, lasciando solo in macchina il ragazzo, che non trovando i soldi si accontenta di rubare il cellulare. «La gente pensa che i tassisti guadagnino cifre folli e che i taxi siano delle casseforti in movimento – continua Raffaella Piccinni, presidente della Associazione Donne italiane tassiste – . Spesso quando l´incasso è troppo basso rispetto alle aspettative del rapinatore veniamo anche picchiati perché pensano che gli stiamo nascondendo dei soldi. Purtroppo le rapine sono abbastanza diffuse». Per questo l´Associazione delle donne tassiste ha presentato all´assessore alcune richieste «in modo da rendere il nostro lavoro più sicuro». Richieste concrete come l´installazione di telecamere nei taxi e sulle colonnine gialle nei parcheggi, la possibilità, per chi lo volesse, di mettere il vetro di separazione tra autista e passeggero (con la postilla di poter rifiutare la corsa da quattro persone), l´obbligo di usare la cintura di sicurezza anche sul sedile posteriore, la possibilità di rifiutare le corse che vengono considerate a rischio (oggi i tassisti possono rifiutare solo una persona ubriaca) e l´affissione di un cartello nelle auto in cui si specifica che non si cambiano grosse banconote. «Ma abbiamo proposto anche il "taxi rosa": uno sconto alle donne per le corse notturne in modo da garantire anche la sicurezza di chi torna a casa tardi – conclude Piccinni – . Usando dei buoni emessi a spese del Comune».
Teresa Monestiroli
Pagina 8
(27 dicembre 2007) – La Repubblica

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NATALE CON I TUOI

Come si sopravvive ad un Natale in famiglia!? Le mie Zie hanno il culo il grosso, le dita cicciotte come wuster, con grossi anelli preziosi e volgari! Sanno tutto loro, hanno capito tutto! Sanno come gira il mondo e perché! L’esistenza finisce e si risolve nella loro consapevolezza.

Mi ricordano che loro, alla mia età, avevano già cinque figli, una famiglia e un marito che per le feste comandate ti regala un elettrodomestico! Ci bevo su! Altrimenti non ne esco viva! L’alcool è un vaccino, un siero antivipere! Però Natale è il giorno della salvezza! La mia salvezza è “turno libero” per i taxi: esco a lavorare, lascio le culone ai loro pettegolezzi, ne hanno per tutti! Non si salva nessuno.

Percorro la città da una parte a quell’altra in un quarto d’ora! Non c’è traffico a Natale, solo pochi disgraziati ospiti dei parenti, saturi di orge alimentari, vittime del barbaro rituale della tombola.

Sono le 18.30. Dalla chiesa di Piazza San Babila esce l’uomo nero, un prete. Sale sul mio taxi, il primo di una breve fila di auto bianche.
“Credevo che non avrei trovato neanche un taxi” mi dice.
No! Ci manca pure il sermone sulla liberalizzazione! Al diavolo! Mo si parla di Teologia, del resto ho una laurea in Filosofia. Se ora non parliamo di Tomismo, veramente non è servita a niente. Per guidare il taxi bastava la patente! Scelgo un inizio teatrale.
“Padre, ho un dubbio”.
Il prete mi prende sul serio, non credevo: “riguardo alla fede?” Chiede.
Non scherzo più, gli parlo con il rispetto che merita chi ci ascolta realmente. Sviscero un dubbio che mi porto dentro da anni: “mi perdoni la franchezza ma a chi gliel’ha fatto fare a Gesù Cristo!? La gente che  è venuto a salvare e redimere l’ha perseguitato e messo in croce.”
Il prete mi guarda come se fossi ubriaca! Non ha tutti i torti! Ma lui non ha grasse Zie rompi scatole, forse.
“La salvezza dipende dalla fede”, mi dice.
“Si, però è un po’ come comprare a scatola chiusa!”
Tace, temo di avere offeso le sue convinzioni ma proprio quando penso che il seminario sia il lavaggio del cervello, il pretino mi sorprende: “Dio ci ha creati liberi, possiamo scegliere di seguirlo oppure d’ignorarlo, non siamo servi.”
Eppure mica sto dicendo che il suo Dio non esiste, ragiono sulla sua infallibilità!
“Intendevo dire che cii ha dato il paradiso e ce lo siamo giocato! Ci ha dato questo pianeta e lo stiamo distruggendo e molti di noi, infondo al cuore quasi tutti, neppure crediamo che esista! Non credo che l’umanità meriti la salvezza! Soprattutto le mie Zie!”

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NASCE IL SINDACATO ROSA PER TUTELARE

Parola D’ordine sicurezza. La invocano a gran voce le tassiste dell’Adit, Associazione Italiana Donne Tassiste, stanche di rischiare ogni giorno, consapevoli dei maggiori pericoli a cui una donna va incontro svolgendo una professione ancora fortemente maschile. Ma, proprio per questo, per contrastare la paura di subire rapine e violenze che assale soprattutto durante i turni notturni o quando si guida in certi quartieri , alcune tassiste hanno dato vita a un sindacato “rosa”, nato come costola del Sitp, il Sindacato Italiano Tassisti Professionisti, e presieduto da Raffaella Piccinni, Segretario Generale del Sitp. Giovane, milanese e determinata, la Piccinni (nella foto), svolge questo mestiere dal 2007 e ha sempre avvertito il bisogno di tutelare specificatamente la sua Categoria. “In molti settori le donne hanno esigenze differenti. Nel nostro ancora di più perché si tratta di un lavoro pericoloso e logorante”. Non a caso le donne che fanno questo mestiere negli anni sono calate: si è passati dalle 250 licenze in rosa del 2000 (su circa 5000) alle 190 del 2006. Ma lei no: non solo non ci pensa neppure a mollare, bensì rilancia, cercando nuove strade per vincere il disagio e ottenere strumenti per lavorare più serena. Le proposte per avere più sicurezza non mancano. “Innanzitutto – spiega Raffaella Piccinni –si potrebbe montare sul volante un dispositivo che, in caso di pericolo, invia un messaggio alla centrale di polizia”. Rumoroso e visibile funzionerebbe anche come deterrente. È già usato con successo a New York. In alternativa pensiamo all’uso di telecamere nell’abitacolo e nei posteggi taxi. Ma non basta. Ci batteremo anche per avere più flessibilità sull’obbligo di carico. Al momento possiamo decidere di non effettuare la corsa solo se il cliente è ubriaco”.

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BUON NATALE?

Milano è ricoperta di lucette, stelle, comete, tutte rigorosamente scintillanti! “Si vede che qui il Sindaco è una donna!” Dice il cliente. “Natale è un giorno come un altro!”.
Invece non è sempre Natale. Altrimenti il mondo collasserebbe su se stesso. E’ un evento commerciale, consumistico e di massa: è tutte queste cose e anche di più, le lucette del Sindaco sono milioni di watt, sono tonnellate di gas serra profusi nell’atmosfera! Alberi di Natale fatti di petrolio, sono decine di petroliere! Il fantasma dei Natali futuri galleggerà sui ghiacci che si sciolgono. Accanto al Natale di Madre Natura va considerato il Natale dei depressi: una lente di ingrandimento sulla disperazione, i suicidi aumentano durante le feste! A Natale chi è solo si sente ancora più solo, per consolarsi dice a se stesso, prima che agli altri, “Natale è un giorno come un altro”.

PERO’:

Io voglio credere nel Natale di Charles Dickens.  Il Natale è un’opportunità per evocare il ricordo della nostra prima vita, l’infanzia. Mia madre cominciava a cucinare fin dalla sera prima, la casa si riempiva di profumi, aromi di arrosti cucinati lentamente, senza fretta, in un atmosfera quasi sensuale, bellissima. Il cinismo va un po’ di moda, è una sorta di rifugio. Buon Natale a tutti!

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LE TASSISTE DICONO BASTA!

Sul volante, insieme al clacson anche il pulsante antistupro, un dispositivo collegato con la centrale di polizia più vicina. Accanto allo specchietto retrovisore una web-cam, in grado di trasmettere immagini in tempo reale. Questi gli strumenti che chiedono di installare sulle loro auto le tassiste italiane, da poco riunite in un’associazione.  Obiettivo: garantire più sicurezza e dignità professionale alle donne che guidano auto pubbliche e che, solo a Roma, sono più di 400 contro un esercito di 7mila tassisti uomini. «Siamo doppiamente esposte al rischio di aggressioni rispetto ai colleghi» spiega Raffaella Piccinni, 33 anni, fondatrice dell’ADIT che oggi conta più di 200 iscritte. Partendo dal presupposto che «meno denaro circola in auto, minore è il rischio di rapine» le autiste chiedono anche agevolazioni per l’uso dei bancomat in vettura, un servizio che in Italia ha costi di gestione ancora molto alti.
I primi risultati arrivano da Milano: nei prossimi giorni le tassiste dell’ADIT saranno ricevute dal vicesindaco Riccardo De Corato che ha già annunciato lo stanziamento di un milione di euro per l’installazione di sistemi antirapina sulle auto bianche. Oltreoceano, dove questi dispositivi sono in uso da anni, le aggressioni sono diminuite ma i dati restano allarmanti: le tassiste di New York devono mettere in conto di essere violentate almeno una volta nell’arco della loro vita professionale.

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(Pubblicato su Repubblica nei giorni della protesta)


diario taxi

versione integrale:

Linate, il caldo si sente dal primo mattino, è un turbinio di facce di ogni genere e specie, quelle di chi sta  perdendo l’aereo si mischiano a quelle stanche dei taxisti. Mi accorgo che sto pensando ai clienti; non a quelli che ora non salgono sul mio taxi ma a quelli che ci sono già saliti in passato, prima che tutto questo iniziasse. Ricordo di un pomeriggio estivo in cui esplose un violento temporale, ero sola nel mio taxi. La pioggia era così forte che i tergicristalli non servivano a nulla, scendeva a litri lungo i finestrini. Ho visto una signora di mezza età, grassottella e impacciata, indossava un abito da casa, fresco e leggero che la pioggia le lasciava aderire al corpo, sembrava una statua di Botero. Ho accostato, acceso le 4 frecce e dallo spiraglio del finestrino abbassato le ho urlato di salire. Eravamo a pochi metri ma urlavamo come pazze, lei si ostinava a non voler salire. Mi sono allungata verso la portiera del cliente spalancandola e ho urlato “è gratis”. È stato come se precipitasse nel mio taxi dall’alto, un enorme masso caduto a peso morto, gocciolava da ogni lato inzuppandomi il sedile. Il mascara le colava sugli occhi facendola sembrare un panda confuso e inzuppato. Infine fu lei ad insistere per pagarmi la corsa, quasi dovetti farci a pugni, se ne andò lasciandomi una pozzanghera.

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VIOLENZA

Il vivere civile, ahimè, m’impedisce di aprire il cranio al mio meccanico! Basterebbe un colpo ben assestato con il crick. Non c’è nulla di più umano della violenza, tutti i giorni vedo gente che si ammazza per una precedenza non data. Neanche Dio sa cosa ha fatto al mio taxi, quando aggiusta qualcosa tre giorni dopo se ne rompe un’altra!
Dice che è causa dell’alternatore nel coso e la cinghia nella puleggia, devo cambiare l’albero a bielle...”
Non c’ho capito niente!
Mi mostra un pezzo meccanico. Le mani sporche fino ai gomiti di sangue nero e olioso. Indossa un camice blu scuro, ricorda quello di un chirurgo, o di un macellaio, è più giusto, neanche avesse sgozzato un maiale.
Non dice mai quanto mi verrà a costare: “poi vediamo!” Il tono sembra quello di chi ti sta facendo un favore!
“Preferirei saperlo subito”.
Si agita, appoggia il cuore di metallo sul bancone, tira fuori una calcolatrice sudicia dai tasti giganti, bloccati dallo sporco, scoloriti al centro, il 5 non si vede più. Gli occhiali da presbite sulla punta del naso. Il crick è a portata di mano, dovrei colpirlo ora, prima che mi ammazzi lui, a colpi di aliquote iva!

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HO  PORTATO  I SIMPSON

simpsons_smallin carne e ossa, venivano dalla Toscana. Chiassosi, pieni di borse e pacchetti che a fatica inforco nel bagagliaio, Homer, il padre, mi dice: "ci penso io!". Da vita a complesso puzzel tridimensionale, c’impiega tempo, alla fine guarda la moglie soddisfatto: "e il passggino!? e poi hai messo i pacchetti con i biscotti sotto le borse". Biscotti! o quel che ne resta: scatole pressate che colano briciole.


Cerco di liberarmene: "Forse vi serve un taxi con un bagagliaio più spazioso!", lo so, non è carino scaricare questa ciurma di dementi ad un collega! ma nella giugla vige la regola "mors tua vita mea". Homer però insiste, il mio bagagliaio rappresenta una sfida, sembra un bambino di cento chili alle prese con i giochini progettati per sviluppare l’intelligenza.


Ce l’ha fatta, si parte, lo specchietto retrovisore riflette le ruote del passeggino e le scatole piene di briciole. Vanno al Parcheggio di Via ORRIDONI. Mai sentita! forse è una nuova strada, piena di cose orride! guardo le loro faccie: maschere di pura idiozia, eppure mi fanno tenerezza, sembrano sperduti.


Homer tira fuori dalla tasca della giacca un fazzolettino, piegato in dieci parti, lo apre, è una cartina gigantesca, sembra il planisfero: "vede, noi abbiamo la nostra ma’hina qui, in via ‘orridoni". Ma quand’è che la Regione Toscana istituirà un corso di dizione  per i suoi cittadini!?


"è Via Corridoni!"
"eh si, gliel’ho detto, Via ‘Orridoni".


è una corsa da 5 euro, 6 euro esagerando, solo se i semafori, in una sorta di congiunzione astrale, divenissero rossi uno dopo l’altro!


Homer mi siede accanto, il resto della famiglia commenta la vacanza a Milano dai sedili posteriori. Tutti insieme non fanno un cervello, tranne la piccola adulta che fa domande sul motore a scoppio e le auto ecologiche! mi rivolgo alla madre: "è in quella fase in cui fanno tante domande!? il bimbo invece sarebbe meglio che non mordesse i poggia testa".


Homer guarda il paesaggio, mi tira un’occhiatta trasversale, di sospetto, infila la mano nella tasca, tira fuori la sua cartina, è incredibile la rapidità con cui la maneggia, quattro lati ordinatamente ripiegati sbocciano in una mappa gigantesca. fissa la cartina, osserva la strada cercandone il nome, studia il percorso, credo stia pensando che voglia fregarlo!


Un altro non avrebbe mai caricato lui, le sue valigie, i pacchettini, le briciole, i bambini indemoniati arrampicati sui sedili, i passeggini, il planisfero che copre la visuale del parbrezza e il suo sgurdo stupido che mi guarda con sostetto!


Insieme ai 5 euro i Simpson mi hanno lasciato un tappeto di briciole e una monetina dorata da 20 centesimi, dicendomi: "si prenda un ‘affè.."


Nella stupidità di Homer Simpson c’è qualcosa di geniale, la genialità va tramandata ai posteri, come si fa per i grandi pensatori!


disse Homer: "Marge, bisogna essere in due per mentire, uno che mente e l’altro che sente"
disse Homer: "Ci sono cose che i soldi non possono comprare, per esempio un dinosauro"
disse Homer (rimproverando Bart sorpreso a taccheggiare al Supermercato):"Rubare, come hai potuto? Non hai imparato niente da quello lì che fa i sermoni in chiesa? Capitano… come cavolo si chiama!!! Noi viviamo in una società di leggi. Perché credi che ti ho portato a vedere tutti quei film "Scuola di polizia", per divertirti?! Beh io non ho sentito ridere nessuno, e tu?! …eccetto quello lì che faceva il rumorista …dove ero rimasto?! Ah già, sta alla larga dalla mia birra!


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IL TEMPIO E’ SACRO PERCHE’ NON E’ IN VENDITA

Sabato mattina il cielo sopra il mercato di un quartiere dormitorio è quello tipico della mia città,  grigio chiaro, quasi bianco, non è un colore, non è un cielo. Una donna esce dalla folla delle bancherelle come se si fosse liberata da una morsa. Alta, capelli scuri, labbra prepotenti, indossa larghi occhiali neri che non nascondono un’espressione decisamente arrabbiata e che la fanno sembrare un enorme moscone dal passo nervoso. Un passo che non sa aspettare, mi viene incontro, apre la portiera, non saluta: “via Manzoni, angolo Montenapoleone, devo ritirare un pacco”. Lo dice come se il pacco fosse parte della Via, un nuovo monumento costruito nella notte, oppure vuole dirmi che dovrò aspettarla, glielo chiedo!
“Si, certo!” il tono è in armonia con il cielo, con i suoi occhiloni da moscone incazzato. Il pacco forse è lei: questa fa shopping tra il mercatino di periferia e la Via più cara di Milano…

Si attacca al cellulare per tutto il tempo della corsa, parla un italiano pieno di O tonde. Quando si arrabbia strilla nel motorola in brasiliano: “Nessuna la capisce”, dice lei! intanto la conversazione telefonica fa capire che fa la prostituta. Parla come se non ci fossi, come se fossi il suo autista, fedele e discreto, un dettaglio, un pezzo dell’auto come il volante, un accessorio, così deve sembrarle il mondo, fatto di oggetti immobili “che non la capiscono”. .
Il pacco è un enorme sacchetto nero, ora vuole tornare a casa, il tono è isterico e insieme distrutto, si toglie gli occhialoni, ha gli occhi stanchi. La telefonata interminabile non si è mai conclusa, parla con la foga di uno sfogo, il cellulare sembra un enorme orecchio che passivo s’accolla le frustrazioni.
Chiude il telefono: nera, come i capelli, gli occhiali, il cielo e quell’espressione incollata sul volto, mi fa paura!
“InssOmma unO prende taxi per andare più velOsce, Vai, Vai!”. sembrarebbe la pantomima di chi ha voglia di non pagare. “Vai, aScelera”.
Ok, ora faccio LA PROVOCATORE, del resto mi riesce bene.
“Mi ha preso per Ayrton Senna!? Non siamo in pista, è una strada urbana, stretta, umida di pioggia, con rotaie, non posso ammazzare una persona perché lei ha fretta!”
Provocarla è semplice!
Sbraita, quasi si contorce: lei è il cliente, paga, il taxi ora è roba sua! Logiche di compravendita, una prestazione di lavoro più che un valore ha un prezzo, nel momento in cui paga il rispetto non c’entra.
Le spiego che possiamo chiamare la stradale. ed è come una frase magica. Si calma, paga, e se ne va.

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PSICOTAXI

      
  Questo blog contiene le persone che sul mio taxi si raccontano, come in un confessionale, di fronte a un’estranea che non rivedranno più e forse proprio per questo la città si libera delle sue maschere, nuda e vulnerabile si racconta. Un turista russo mi chiede dove può trovare un locale a luci rosse; un anziano non sa più con chi parlare nella città desolata d’agosto; una squillo mi racconta i suoi clienti, padri di famiglia che le mostrano le foto dei figli; una sedicenne che vuole fare la modella, viene da un paese di seicento abitanti, guarda le vetrine della “Milano bene” come un bimbo nel paese dei balocchi; un viados racconta di un amore infelice e passionale per un uomo a cui non può dare un figlio, la sua femminilità esasperata ha un che di ridicolo ma insieme è fragile e pudica. Nel viavai della città si apre una finestra sul cuore di ognuno di noi.


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